Nelle isole greche come nella terraferma si parla ancora di lui, dello straniero che tanto tempo fa venne in Grecia lasciando al suo passaggio una scia di morte e terrore. Se ne parla sì, ma con toni da leggenda, da fiaba per spaventare i bambini. Eppure, quando ogni tanto accade che una ragazza scompaia senza lasciare tracce o venga ritrovata viva ma con piccole ferite al collo, una parola viene sussurrata con timore nelle comunità di pescatori: βρυκόλακας.[1]

            La Grecia e le nazioni del Mediterraneo in genere sono la sua zona di caccia preferita da tanti di quegli anni che ha dimenticato quanti. Fu proprio ad Atene (o era Smirne nell’attuale Turchia? Non riesce a ricordarlo) che incontrò un giovane nobile inglese: il futuro famoso poeta e scrittore noto come Lord Byron e gli raccontò la sua storia. Non ha mai saputo con certezza se Byron avesse davvero creduto a quello che gli raccontò, ma di certo rimase abbastanza impressionato dal tema del vampirismo da inserirlo in un suo poema[2] e da farne oggetto di un racconto che non completò mai.[3] Ironicamente fu il medico personale di Byron, l’italoinglese John Polidori a trarre dal frammento di Byron un racconto che avrebbe reso popolare la figura del vampiro aristocratico.[4]

            Augustus Darvell, Lord Ruthven, il Conte di Marsden: tre nomi per un unico individuo che non gradì molto che si parlasse di lui e la collera di un vampiro può essere terribile.

 

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#40

 

SANGUE DI VAMPIRO

 

 

1.

 

 

            Semplicemente a vederlo è difficile immaginare quest’uomo arrabbiato. I lineamenti fini e l’espressione del viso lo classificherebbero come uno di quei ricchi annoiati, che indossano abiti firmati e che passano da una festa all’altra perché non sanno cosa fare del loro tempo. Eppure, a guardarlo con più attenzione, si potrebbe notare uno strano lampo nei suoi occhi e scoprirli d’un tratto molto più penetranti di quanto poteva sembrare mentre il sorriso mostra irrisione e disprezzo.

Se gli chiedeste chi è e come e perché è diventato quello che è probabilmente non saprebbe rispondervi. È un vampiro da così tanto tempo che i ricordi della sua precedente esistenza gli sembrano avvolti nella nebbia dei sogni. Il nome che preferisce è Ruthven, ma se sia o non sia il suo vero nome, forse nemmeno lui saprebbe dirlo.

Naturalmente se gli faceste certe domande, la risposta sarebbe presto priva di importanza: i morti ed i vampiri non hanno le stesse curiosità dei vivi dopotutto.

Quali che siano le sue riflessioni sono interrotte dal miagolio di un gatto. Una gatta nera per la precisione, che sembra apparsa dal nulla e si dirige tranquilla verso di lui mentre i suoi occhi brillano nell’oscurità.

-Buonasera, Carmilla.- la saluta Ruthven –Devi sempre essere così teatrale?-

            La gatta muta la sua forma diventando una giovane donna dai lunghi capelli neri con strani riflessi dorati che indossa una camicetta di pizzo molto scollata, pantaloni da cavallerizza e stivali dai tacchi molto alti. Le manca solo un frustino e sarebbe perfetta, pensa Ruthven con un sogghigno.

-Che gusto ci sarebbe ad essere quel che siamo se non potessimo divertirci un po’?- ribatte la vampira austriaca.

-Quel che siamo? Siamo dei parassiti che per continuare questa parvenza di vita devono sottrarre l’energia vitale degli esseri umani. Nient’altro che questo.-

-Sei noioso Ruthven. Parli come quell’antipatico Varney.-

-Varney disprezza il suo essere un vampiro, se potesse si abbandonerebbe con gioia alla vera morte, ma tu ed io siamo diversi, non è vero Contessa Carmilla Von Karnstein? Noi non rinneghiamo i nostri appetiti, ma li accettiamo. Non abbiamo più sensi di colpa verso i vivi di quanti ne abbia un lupo davanti ad un gregge di pecore. Noi siamo della razza dei dominatori.-

            Il sorriso di Carmilla agghiaccerebbe l’uomo più coraggioso.

-Mi stai proponendo un’alleanza Ruthven? Contro chi? Spero non contro Lilith. Non ho alcun interesse a mettermi contro la Signora dei Vampiri.-

-Non sono così pazzo. No… aiuteremo Lilith contro Deacon Frost, è lui il nostro vero nemico: non si fermerà finché non ci avrà distrutti tutti nei suoi folli piani di dominio, quindi dobbiamo fermarlo prima noi.-

-Mi fa piacere sentirtelo dire, Ruthven.- la voce di Lilith Dracula sembra sferzare l’aria mentre avanza nel salone –Mi fa piacere vedere che i miei due fidati luogotenenti non complottano contro di me.-

            Ironia? Probabile, ma i due vampiri non hanno alcuna voglia di approfondire. Ruthven accenna un inchino mentre Carmilla piega leggermente le ginocchia mormorando:

-Mia Signora.-

            Lilith sogghigna e si siede sul piccolo trono al centro della sala poi parla:

-Avete detto di sapere dove si trova Frost. Bene: è venuto il momento dello scontro finale tra lui e me e stavolta mi assicurerò che rimanga morto.-

 

            Simon Stroud si risveglia nella sua camera d’albergo con la bocca impastata e la gola secca. Ha fatto un sogno ma non ne ricorda più i contorni.

            Il suo ultimo ricordo è quello di essere tornato in albergo dopo aver interrogato Angel O’Hara. Un vicolo cieco: deve lasciar stare quella ragazza e pensare ad un altro modo per trovare la figlia di Dracula.

            Si dirige in bagno per una doccia veloce e farsi la barba. Si sciacqua il volto rapidamente e quando alza gli occhi verso lo specchio, ci vede scritta sopra una parola:

AIUTO

            Riconosce la calligrafia: è la sua.

 

            Charles Seward guarda la figura di donna seduta sul pavimento al centro di un pentagramma nella posizione del loto e scuote la testa.

-Da quanto tempo è così?- chiede.

-Beh… da tutta la notte ormai.- risponde l’Ispettore Capo Chelm .

-Non mi piace. Che sappiamo di questa Victoria Bentley?-

-Suo padre era uno studioso di cose occulte che morì in circostanze oscure.-[5] risponde ancora Chelm –Pare che sia il Cavaliere Nero che Capitan Bretagna abbiano molta stima di lei.-

            Seward spazia con lo sguardo sulla stanza d’ospedale dove lui e l’uomo di Scotland Yard si trovano attualmente. Ai lati di Victoria Bentley ci sono due letti su cui giacciono rispettivamente un uomo ed una donna entrambi biondi.

-Speriamo che questa donna sia davvero capace di risolvere la situazione…- conclude -… o i nostri pazienti saliranno a tre.-

 

 

2.

 

 

            Katherine Fraser sbatte gli occhi e dice:

-Dove ha detto che siamo?-

-Nel regno di Incubo naturalmente.- risponde Victoria Bentley.

-Lei… lei pronuncia quel nome come se appartenesse ad un essere vivente.-

-Beh… non so se sia la definizione giusta. Stephen…, il Dottor Strange, il mio maestro, lo definiva un essere concettuale, l’incarnazione degli incubi appunto. Sia come sia, esiste e questo è il suo regno e se non ne usciamo al più presto, rischiamo di restarvi intrappolati per sempre.-

-E lei saprebbe farci tornare a… casa?- chiede Frank Drake.

.-Sì, almeno finché la mia ancora col mondo reale non si spezza e sempre che Incubo non cerchi di fermarci.-

-Se dovesse provarci, quel demonio assaggerà la mia lama benedetta.- afferma Solomon Kane.

-Ahimè, temo che anche la sua lama fallirebbe contro un essere della potenza di Incubo, mio valente spadaccino.- commenta Victoria

-Un momento…- interviene Frank -… capisco perché io e Kate siamo qui, ma lui?- indica Solomon Kane.

-Il tempo nel regno di Incubo non ha lo stesso valore che nel nostro.- spiega Victoria –Forse questo Kane non è che l’eco di un sogno antico o forse nel XVI secolo Kane si è addormentato ed è finito preda di Incubo anche lui. Se usciremo da qui, forse anche lui tornerà al suo giusto tempo.

            In una stanza d’ospedale una candela posta ai lati di un pentacolo oscilla e si spegne,

-Il nostro tempo è appena diminuito.- sentenzia Victoria –Dobbiamo muoverci finché non è troppo tardi.-

“Forse è già troppo tardi.” risponde una voce profonda.

 

            La pioggia si è fatta sempre più forte e battente. Questo non è un comune temporale, ma l’avviso di un uragano.

-Forse sarebbe meglio che spazzasse via questa casa e tutto quello che rappresenta.- dice Donna Garth.

-Non dici sul serio.- ribatte Blade –Devi avere anche dei bei ricordi di questo posto.-

-Oh certo…- la voce di Donna esprime l’idea opposta alle sue parole –Forse quando ero bambina, prima che papà e mamma cominciassero a litigare e lei se ne andasse, prima del risentimento tra me e mio padre. Se le case fossero accumulatori di negatività, nessuna batterebbe questa,-

            Erano tornati alla villa dopo uno sfibrante interrogatorio alla Centrale di Polizia. Per fortuna i detective avevano creduto alle loro giustificazioni per la morte orribile di Bruce Mason, il marito di Donna, e li avevano lasciati andare. Il fatto che almeno un paio di quei detective, per esempio il sergente Sam Jagger, avessero già avuto esperienze con minacce che avevano a che fare con l’occulto aveva avuto il suo peso.

            Donna aveva voluto preparare i bagagli e partire subito, ma l’uragano aveva cambiato tutto: niente voli e di mettersi in viaggio in auto neanche a parlarne.

            Il destino aveva voluto trattenerli un’altra notte in quella casa e chissà cosa aveva ancora in serbo per loro.

 

            Nell’attesa che arrivi il tramonto, i vampiri riposano nelle loro bare, i loro corpi adagiati nella terra della loro sepoltura.

            Nel loro sonno di morte, mentre aspettano di risvegliarsi e tornare a cacciare per nutrirsi, hanno forse i loro sogni? E se sì quali sono? Dominio o semplice sopravvivenza?

            Il sole fa il suo giro senza fretta. A mezzogiorno in punto Deacon Frost spalanca gli occhi. In quel breve momento in cui si racconta che un arcivampiro potrebbe lasciare la tomba pur senza poter usare i suoi poteri, egli sente che i suoi nemici lo stanno braccando e presto troveranno le sue tracce, che vengano, pensa, io saprò accoglierli come meritano.

 

 

3.

 

 

            I quattro volgono lo sguardo verso l’alto: il cielo ora è diventato il volto di un uomo dalla carnagione pallidissima, capelli nerissimi e ispidi, naso a becco e occhi come la brace.

-Incubo!- esclama Victoria Bentley

“In persona ed ho sempre trovato di cattivo gusto lasciar andar via i miei ospiti senza essermi presentato. Anzi… ripensandoci… non mi è mai piaciuto lasciar andar via i miei ospiti quando i loro sogni sono così interessanti.”

-Tu non hai il potere di impedirci di andarcene.- lo apostrofa Victoria –Le regole dicono che non puoi ostacolare il nostro ritorno nella terra dei viventi.-

            Alle parole della maga appare un sentiero dorato che sale fino a svanire nel nulla.

“Molto Mago di Oz, ma non servirà a molto.”

- Non dategli retta.- esclama Victoria rivolta agli altri tre. Salite sul sentiero. Finché vi sarete sopra, lui non può farvi nulla.-

“Sostanzialmente corretto…” ammette Incubo “… purché raggiungiate l’uscita entro il tempo stabilito…” si ode un rumore simile ad un “plop” e nel mondo reale un’altra delle candele poste da Victoria sul suo pentagramma si spegne “... e non ve ne rimane molto ahimè.”

 

            Simon Stroud ha la sensazione di aver perso solo tempo. A quanto pare l’Ispettore Chelm è tornato in ospedale. Deve raggiungerlo o aspettare che torni? Deve dirgli che quella di Angel O’Hara è una pista morta e che presto tornerà a New York. Ma non c’era anche qualcos’altro? Qualcosa che ha visto al suo risveglio ma che ora non riesce a mettere a fuoco. Ogni volta che ci prova, gli sfugge.

            Istintivamente si gratta il collo. Maledetto prurito, non immaginava che in Inghilterra ci fossero così tante zanzare. Basta, decide, andrà in quel dannato ospedale e parlerà con Chelm. Dà un’occhiata all’orologio. Non si era reso conto che fosse così tardi, ma quanto ha dormito? Possibile che l’effetto del jet lag duri così a lungo?

            Dopo essersi guardato intorno in cerca di un taxi, Stroud decide di dirigersi verso la metropolitana, la Sotterranea, come la chiamano da queste parti. Inglesi, con loro perfino la lingua comune è un ostacolo, per non parlare del fatto che circolano dalla parte sbagliata della strada.

            Mentre Stroud si dirige verso la stazione della metropolitana, viene notato da un uomo dai lunghi capelli neri parzialmente coperti da un cappello a larghe falde, dalla carnagione pallidissima e gli occhi coperti da grandi occhiali scuri. Lui qui? Pensa l’uomo, sorpreso, mentre lo riconosce. Che sia venuto qui per me? Impossibile nessuno può sapere che sono venuto qui dopo aver lasciato Roma, nemmeno io lo sapevo. Al diavolo, devo sapere, devo seguirlo.

 

            Il sole tramonta e quasi simultaneamente in quattro diverse parti della Grande Londra quattro paia di occhi si aprono e quattro vampiri escono dalle loro bare.

            A Westminster Deacon Frost raggiunge il suo laboratorio. Ha ancora delle cose da sistemare prima che il suo piano possa cominciare. Si ferma davanti a quello che sembra il cadavere in decomposizione di una donna che indossa un abito da sera strappato e logorato in più punti, un cadavere che, per qualche motivo, è incatenato ad una parete, ed ha un paletto di legno conficcato all’altezza del petto. Dopo un attimo di riflessione il vampiro smuove il paletto. Gli occhi del cadavere si animano e una parola esce a fatica dalle sue labbra:

-Frost…-

-Ah, mia cara Van Helsing.- la voce di Frost è insolitamente allegra –Ti trovo bene tutto sommato, magari un po’ sciupata. Da quanto non ti nutri? Due, tre mesi? Magari stanotte ti porterò un topolino o due.-

-Sei un mostro Frost.- esclama sia pure con un filo di voce la vampira chiamata Van Helsing –Vorrei essere libera per poterti uccidere.-

            Frost ride di gusto.

-Io un mostro? Strano detto dalla consorte di Dracula. Non hai tu stessa ucciso più di un innocente per soddisfare la tua sete di sangue? Ma forse a parlare è la cacciatrice di vampiri che eri quando eri in vita. Sarebbe interessante scoprire quanto di lei è rimasto in te, dopotutto. Comunque ormai non ha importanza.-

-Che… che vuoi dire?-

-Che ormai i miei esperimenti sono quasi completati e dopo stanotte sarò in grado di scatenare su questa patetica nazione un orrore che nemmeno immagina e Londra sarà la prima a provarlo.-

            Se i vampiri possono tremare di paura, questa è esattamente la sensazione che prova Rachel Van Helsing.

 

 

4.

 

 

            Un volo notturno mi ha riportato a Londra da Boston. Avevo una mezza idea di ritornare al mio vecchio ufficio di Los Angeles, ma qualcosa mi ha riportato in Inghilterra. Chiamatelo istinto, sesto senso o come volete, ma fatto sta che ho sentito chiaramente che era necessario che io fossi qui stanotte ed è una sensazione che ho imparato a non sottovalutare.

            Mi chiamo Hannibal King e sono un vampiro.

 

            Simon Stroud si ferma di colpo e senza darne l’impressione dà un’occhiata intorno. Nessuno in vista a quanto sembra. Ha avuto la sensazione che qualcuno lo seguisse ed ha usato il vecchio trucco del guardare una vetrina per controllare se fosse vero. Nessuno, a quanto pare, ma questo non dimostra nulla: se il suo pedinatore fosse stato un vampiro non si sarebbe riflesso nella vetrina. Ma perché gli è venuto di pensare ai Vampiri? Le storie di Chelm devono averlo suggestionato.

            Alle sue spalle un uomo dalla pelle chiarissima esce da un vicolo. C’è mancato poco, pensa, è ancora troppo presto perché Stroud lo veda, quando accadrà, sarà alle sue condizioni.

            L’uomo si toglie gli occhiali scuri, ormai inutili col buio, e fissa Stroud in lontananza con due occhi dalle iridi rosse come braci.

 

            Victoria Bentley esorta i suoi compagni:

-Svelti, non abbiamo molto tempo.-

-Perché? Cosa sta succedendo?- chiede Frank Drake.

-Il nostro tempo è agli sgoccioli.- spiega Victoria –Se non arriveremo in cima al sentiero prima che si esaurisca, resteremo intrappolati qui per sempre.-

-Milady…- interviene Solomon Kane -… di solito non sono tenero con le streghe, che in genere sono figlie del demonio, ma sento di potermi fidare di voi, contate su di me per proteggervi.-

“Non è cavalleresco?” dice sarcastico Incubo “Non preoccupatevi, qui vi troverete benissimo, ve lo garantisco io.”

            Victoria precede tutti un passo alla volta.

-Non uscite dal sentiero, finché ci starete sopra, Incubo non può farvi niente ma se ne usciste…-

            Davanti a loro una luce oscilla e si spegne.

“Sempre che il sentiero regga abbastanza” afferma Incubo ridacchiando.

 

 

5.

 

 

            Molto più a Est, sul Golfo del Messico, un uragano si scatena. Nulla di paragonabile al terribile Katrina di qualche anno fa, ma di certo chi vi si trova in mezzo non è contento. La forza del vento e della pioggia si abbatte sulla grande villa padronale come la furia di un antico dio irato e per quanto ne sa Blade potrebbe essere proprio così: forse uno dei Loa protettori di Calypso non ha preso bene quanto accaduto alla sua mambo. Magari il Baron Samedi, Signore dei Cimiteri, non ha gradito il trattamento degli zombie richiamati in suo nome.

Un altro accantonerebbe questi pensieri come sciocche superstizioni, ma Blade ha visto troppe cose nella sua vita per non considerare anche questa probabilità e non sarebbe sorpreso se anche Donna Garth la vedesse allo stesso modo.

             Le imposte cedono ed è inutile tentare di richiudere le finestre: la forza della pioggia e del vento potrebbe addirittura rompere i vetri.

-Guarda!- urla, Donna.

            Blade segue lo sguardo della sua compagna e non è sicuro di quel che vede: tra i lampi e la pioggia all’orizzonte si staglia una figura che sembra Calypso e che avanza nell’aria verso di loro. Alle sue spalle una figura che in un altro contesto sembrerebbe buffa: uno scheletro con frac e cilindro la sovrasta, nelle sue orbite vuote qualcosa di maligno.

            All’improvviso ecco apparire una nuova figura: sembra Fratello Voodoo ma senza mantello. Afferra la figura femminile per i polsi. La donna si dibatte ma l’altro la tiene con forza e le due figure si fondono per poi scomparire.

            Un fulmine si abbatte sul terrazzo spezzandolo in due mentre i due abitanti della villa vengono sbalzati all’interno del salone ed un tuono assordante copre le loro grida.

-Siamo vivi?- chiede una perplessa Donna Garth.

-Pare di sì.- risponde un Blade altrettanto confuso.

            Su quel che rimane del terrazzo piccole fiammelle danzano sotto una luce spettrale poi si spengono una alla volta mentre nel vento sembra echeggiare una risata che si perde a poco a poco, la risata argentina di una donna, allegra e priva di minaccia.

            Se mai c’era un pericolo, ora è passato, pensa Blade. Chissà se davvero Fratello Voodoo è intervenuto oppure lui e Donna hanno avuto una specie di allucinazione? No, questo si sente di escluderlo.

            Se potesse vedere oltre il cancello della villa, Blade vedrebbe una donna con un lungo abito nero che le lascia scoperte le braccia ed ha lunghi spacchi laterali che partono dalle cosce. I capelli lunghi e ricci le incorniciano il bel volto color ambra. Uno sguardo più approfondito rivelerebbe che la fortissima pioggia non la sta bagnando.

            Un giorno sarai mio Blade, pensa la donna, è solo questione di tempo, ma fino ad allora goditi la libertà che io ti concedo finché non deciderò di stringere il guinzaglio che non sai nemmeno di avere. Fratello Voodoo, il Dottor Strange e gli altri tuoi amici possono pensare di proteggerti, Calypso, Deacon Frost e gli altri tuoi nemici possono sperare di ucciderti, ma sarò io sola a decidere quando il filo della tua vita sarà strappato.

            Canticchiando una vecchia canzone creola Marie Laveau, la Regina Voodoo di New Orleans si allontana sotto la pioggia.

 

            Nella villa che era appartenuta ai Westenra Lilith Dracula stira le labbra in un malefico sorriso e rivolge lo sguardo alla ragazzina incatenata al letto.

-Ricordati di fare quel che ti ho detto quando sarà il momento, piccola Ariann.- le dice.

-Lo ricorderò.- replica mestamente Ariann Wright.-

-Ne sono certa, in fondo, che ti piaccia o meno, non puoi fare altro… e poi… è la tua sola opportunità di essere sicura di compiere 14 anni.-

            Ridacchiando la Figlia di Dracula si trasforma in pipistrello volando incontro al suo nemico lasciandosi dietro una tredicenne piangente.

 

            Victoria Bentley esorta gli altri tre:

-Presto, presto: non abbiamo molto tempo per raggiungere la fine del sentiero.-

“Ha ragione, sapete?” interviene Incubo “Esistono molti modi per arrivare qui e per andarsene. I più comuni, ovviamente sono rispettivamente addormentarsi e svegliarsi. Accade talvolta che qualcuno non sia più capace di svegliarsi e sia condannato a restare qui… a meno che qualcuno non sia capace di riportarlo indietro. Come ho già detto, esistono molti incantesimi per riuscirci, ma praticamente tutti hanno una cosa in comune: un tempo limitato per fare quel che deve essere fatto. Il tuo qual è, Miss Bentley? Finché non si spegneranno le cinque candele accese ai lati del pentacolo che protegge il tuo corpo mortale, giusto? Quante se ne sono già spente: tre?”

            PLOP

“Oops… quattro. Te ne rimane solo una. Quanto può reggere ancora una sola candela Miss Bentley, quanto?”

 

 

FINE QUARANTESIMO EPISODIO

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            Davvero pochissime note stavolta:

1)     All’inizio dell’episodio sono citati due pseudonimi di Lord Ruthven, entrambi hanno un’origine letteraria, vediamola: Augustus Darvell era il nome del vampiro che avrebbe dovuto essere il protagonista negativo del racconto incompiuto appena poco più dell’inizio, scritto da Lord Byron che fu fonte di ispirazione al suo medico privato John Polidori per scrivere il racconto “Il vampiro” in cui apparve per la prima volta Ruthven. Conte di Marsden è, invece, l’alias usato da Ruthven nella seconda parte dello stesso racconto. Naturalmente non è un caso che Lord Marsden sia anche il nome assunto dal Maestro della Notte arcinemico di Harlan Draka il Dampyr nell’omonima serie pubblicata dalla Sergio Bonelli Editore e creata da Mauro Boselli & Maurizio Colombo. -_^

2)     Credito a chi il credito è dovuto: sempre a Mauro Boselli debbo l’idea che sia stata la conoscenza con il vero Ruthven ad ispirare prima Byron e poi Polidori nel creare il prototipo del vampiro gentiluomo. In realtà io e Boselli abbiamo seguito sentieri un po’ diversi, anche se pure io mi sono divertito a suggerire che forse le morti di Byron e Polidori (rispettivamente malattia e suicidio) sono state provocate da Ruthven. Magari un giorno o l’altro io o un altro autore di MIT potremmo narrare la storia dell’incontro di Ruthven e Byron e magari altri retroscena. Chi può saperlo?

3)     Chi è il misterioso individuo pallido e con gli occhi coperti da occhiali scuri (che sia fotofobico? -_^) che sta seguendo Simon Stroud? Andiamo: non posso credere che non l’abbiate indovinato. Se così non fosse, tranquilli: lo saprete prestissimo. -_^

Nel prossimo episodio: quando i vampiri si fanno la guerra, nessuno è al sicuro. In più: fuga dal regno di Incubo, il ritorno di alcuni comprimari che non si vedono da tempo e una guest star a sorpresa.

 

 

Carlo



[1]In caratteri latini vrykolakas, ovvero l’essere affine al vampiro del folklore greco e dei Balcani in genere.

[2] “Il Giaurro” (1813)

[3] “The burial: a fragment” (1816)

[4] “Il vampiro” (1816)

[5] In Strange Tales #114 (prima edizione italiana Uomo Ragno, Corno, #26).